Abbiamo già parlato di audiomarketing, riferendoci all’importanza dei suoni e della musica. Come produttore di media, però, non posso ignorare che come “fenomeno” stia diventando sempre più importante.
L’importanza dell’audiomarketing e come viene usato
Ci sono due cose di cui tenere conto:
- spesso nella nostra testa leghiamo i suoni ai brand: alcune note musicali richiamano certi marchi, così come alcune catch phrase son legate alle pubblicità;
- sta aumentando il numero di device che opera esclusivamente tramite comandi vocali e restituisce suoni. Penso a quei dispositivi come Echodi Amazon o Google Assistant. Senza contare Siri di Apple.
In particolare questi ultimi hanno creato un nuovo medium, che si estende dalle nostre tasche fino alle nostre case. C’è da dire che è un gran passo e anche utile: ci sono informazioni che arrivano meglio se ascoltate. Inoltre, un segnale audio può condizionare il nostro stato d’animo o le nostre azioni. L’audio può infatti essere assorbito dai clienti mentre fanno altro. Pensa a quanta gente guida con la radio accesa in auto e quanto questa stessa radio sia sempre più connessa ai vari device digitali in tempo reale.
Come ho detto prima, l’audio può condizionare i nostri comportamenti, per esempio all’interno di un negozio. Le “musiche da Retail” sono costruite in modo tale da condizionare l’esperienza di acquisto (attraverso dei piccoli artifici che avvengono in fase di produzione e mix), così da far acquistare di più e più rapidamente. Certo, non lo percepiamo, ma pensate per esempio cosa accadrebbe se passassim dell’hard rock a qualcuno che prova a fare yoga!
Audiomarketing: punti di debolezza
Ci sono però anche dei punti deboli da prendere in considerazione:
- l’audiomarketing per la sua natura non contempla l’uso contenuti visivi. Rispetto a un video manca quindi tutto ciò che concerne linguaggio del corpo, espressioni facciali e gesti;
- non sempre si riesce a inserire una chiamata diretta all’azione (call to action) efficace. Per la maggior parte dei device, almeno, l’audio non permette sempre all’ascoltatore di compiere un’azione immediata;
- l’ascoltatore può irritarsi. Dato che l’ascoltatore è “bloccato” nell’ascolto (pensiamo a qualcuno in un negozio o a un podcast), se ha la sensazione che non si arriva al punto, potrebbe essere un’esperienza frustrante. Se poi si sta ascoltando un podcast in auto, per poter toccare il cellulare e interromperlo o cambiarlo deve accostare o parcheggiare l’auto.
Cosa usare nella tua strategia di audiomarketing?
I consumatori, che potrebbero essere target di campagne di audiomarketing, stanno aumentando lentamente, ma costantemente: la domanda di esperienze audio oltre che video, sia a casa che fuori, sta infatti salendo.
Ora, bisogna aver chiaro che non basta fare un file audio ogni tanto, così come per i video: va studiata una strategia di creazione di contenuti che si sviluppa nel tempo.
- Podcast: conosciuto come audioblogging non è niente di nuovo. Ha avuto una nuova popolarità nell’anno scorso, soprattutto negli Stati uniti, ma anche in Italia.
- Skill per assistenti virtuali (Alexa e simili). Sempre più dispositivi, attivabili vocalmente, sono dentro le nostre case. Amazon, Google e Apple sono le tre aziende che spadroneggiano attualmente su questo mercato. Un buon esempio di come si può promuovere un brand può essere trovato nello NBA Alexa Skill diffuso negli Stati Uniti, che permette agli amanti del Basket di ascoltare il punteggio delle partite o di ascoltarle dal vivo.
- Audiogramma: un’immagine con un podcast di sottofondo. Questa immagine può essere dinamica e modificarsi (ad esempio seguire l’audio con le parole) o semplicemente essere un’immagine statica con un segnale audio dedicato (anche un podcast).